La notizia ha già fatto, in due giorni il giro del mondo. Dice che la pizza (o almeno un suo antenato) si mangiava già nell’antica Pompei di duemila anni fa e a “dirlo” è un dipinto ritrovato pochi giorni fa dove è raffigurato un piatto che ricorda molto la tipica pizza napoletana, anche se senza mozzarella e pomodoro. Il “tesoro” di Pompei non smette di stupire…
di manlio iacanduolo
Il 2017 è stato l’anno d’oro della pizza napoletana se si pensa che da quel momento l’arte del pizzaiolo è diventata “patrimonio dell’Umanità” per l’UNESCO. Fuor di simboli e di patrimoni immateriali, la pizza oggi rappresenta, secondo Coldiretti, un business che vale 15 miliardi. Nel frattempo, sulla storia e le origini napoletane di un cibo che lo si trova in ogni parte del mondo non ci sono dubbi. O, almeno, non ve ne erano fino a quando, pochi giorni fa, dagli scavi di Pompei è emerso un nuovo affresco che raffigura cibo e qualcosa che esteticamente assomiglia molto alla pizza napoletana come oggi la conosciamo. Si tratta infatti di una pietanza con una base a forma circolare che ricorda una pizza e forse è il suo antenato più antico. Una scoperta venuta alla luce grazie al restauro di uno dei tanti dipinti ancora da scoprire in una casa degli scavi di Pompei. Di certo Non corredare l’affresco gli ingredienti più tipici della pizza che sono a noi oggi noti dacché il pomodoro (arrivato dall’America dopo il viaggio di Colombo) e la mozzarella, “sostituiti” da frutta e altre pietanze. Quel che invece, da una prima analisi iconografica dell’affresco raffigurante natura morta, emerge e che proprio in questi giorni nell’ambito dei nuovi scavi nell’insula 10 della Regio IX a Pompei si pone alla nostra attenzione è che quanto è rappresentato sulla parete di un’antica casa pompeiana potrebbe essere un lontano antenato della piatto moderno, assomiglia molto alla pizza entrata a far parte del Patrimonio dell’Umanità nel 2017 attraverso il riconoscimento dell’“arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano”. Tuttavia, subito dopo il ritrovamento e la diffusione della notizia si sono susseguite le idee sulle origini della pizza e ogni tipo di fantasia e di immaginazione. Quanto di quel che già accadeva a Pompei è rimasto nelle consuetudini culinarie dei campani e dei “vicinissimi” napoletani? In che modo questa focaccia ha potuto dare spunto per la nascita della pizza che la si vuole far risalire al giugno del 1889 e all’invenzione del cuoco Raffaele Esposito in onore di Margherita di Savoia, la Regina d’Italia? Da quel momento in poi utilizzando non a caso il pomodoro che è rosso, la mozzarella che è bianca e il basilico che è verde, si volle rappresentare i colori della bandiera italiana.
Ma la suggestione della recente scoperta fatta a Pompei è forte. «Oltre all’identificazione precisa dei cibi rappresentati – commenta ancora il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel – ritroviamo in questo affresco alcuni temi della tradizione ellenistica, elaborata poi da autori di epoca romana-imperiale come Virgilio, Marziale e Filostrato. Penso al contrasto tra un pasto frugale e semplice, che rimanda a una sfera tra il bucolico e il sacro, da un lato, e il lusso dei vassoi d’argento e la raffinatezza delle rappresentazioni artistiche e letterarie dall’altro. Come non pensare, a tal proposito, alla pizza, anch’essa nata come un piatto ‘povero’ nell’Italia meridionale, che ormai ha conquistato il mondo e viene servito anche in ristoranti stellati».
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In duemila anni la pizza è arrivata a valere 15 miliardi di euro, diventando il simbolo del successo della dieta mediterranea nel mondo, ma anche motore di turismo e cultura. A sottolinearlo è la Coldiretti che ricorda come la pizza sia oggi un tesoro dell’Italia dove cultura e cibo sono diventate le principali leve di attrazione turistica, strategiche per il rilancio dell’economia e dell’occupazione. «Non a caso – continua l’associazione agricola – oltre un terzo della spesa delle vacanze nell’estate 2023 sarà destinato alla tavola per consumare pasti in ristoranti, pizzerie, trattorie o agriturismi, ma anche per cibo di strada o souvenir enogastronomici in mercati, feste e sagre di Paese».
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