di francesco martinelli |
L’essenza di ciò che Socrate vuole dire ai suoi contemporanei, col suo messaggio, viene messo in evidenza dal suo invito ad esaminare se stessi e gli altri. Egli è consapevole che ciò che più conta nell’uomo è la sua anima (Psyché) e, proprio perché è ciò che più importante bisogna prendersene cura. A tal riguardo Socrate fa presente che è fondamentale aver cura non di ciò che si ha, ma di ciò che si è.
Per comprendere bene questo concetto riporterò un passo dell’Apologia, 29 c-e. “Sicché neppure se ora voi mi assolveste, non convinti da Anito, che diceva che o fin dall’inizio non dovevo arrivare qui, o, una volta arrivato, non era possibile non mandarmi a morte, dicendovi che, se io avessi evitato la condanna, i vostri figli, seguendo gli insegnamenti di Socrate, sarebbero stati tutti radicalmente corrotti – se in considerazione di ciò mi diceste: Socrate, ora non daremo retta ad Anito ma ti assolveremo, a questa condizione, però, che non passi più il tempo in questa ricerca e non filosofi più; ma qualora tu sia trovato a farlo ancora, morirai.- se dunque, come dicevo, mi assolveste a queste condizioni, vi direi: Ateniesi, voi mi siete cari e vi voglio bene, ma obbedirò al dio piuttosto che a voi, e finché respirerò e ne avrò la possibilità, non smetterò di filosofare e di rivolgere raccomandazioni e consigli a chiunque di voi incontri, dicendo le mie solite cose: Uomo eccellente, tu che sei ateniese, della città più grande e più stimata per la sua sapienza e la sua potenza, non ti vergogni di prenderti cura delle ricchezze allo scopo di possederne quanto più è possibile, e così della fama e degli onori, mentre non ti curi e ti dai pensiero dell’intelligenza e della verità dell’anima, affinché sia la migliore possibile?”
Da ciò si evince chiaramente che Socrate chiede ai suoi interlocutori un cambiamento di mentalità, un diverso modo di vedere e di sentire le cose. Egli ritiene importante il distacco dai beni esteriori come la ricchezza e le ambizioni che tendono al successo sul piano sociale.
È altresì interessante notare come nell’Atene del V secolo, perseguire ricchezza e fama era una cosa normale. Per questo suo modo di fare e di essere Socrate fu considerato un agitatore. Ancora nell’Apologia leggiamo, a 28 e: “ …e invece quando il dio ha disposto, come io ho pensato e inteso, che dovessi vivere filosofando ed esaminando me stesso e gli altri…” Nell’Alcibiade primo, 124 A-B, si legge: “Ma orsù, mio buon amico, dà retta a me e al precetto delfico: Conosci te stesso, perché i nostri avversari sono questi e non quelli che tu ti immagini, e di loro non possiamo trionfare in altro modo se non con lo studio e la scienza”.
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Ancora a 131 A: “E però colui che ci lasciò il precetto ‘Conosci te stesso’ ci ha imposto di conoscere la nostra anima”. Sempre in Alcibiade primo 127e, 128° è scritto: “Allora cosa vuol dire prendersi cura di se stessi? Poiché vi è il rischio che a volte, senza accorgercene, non ci prendiamo cura di noi stessi, pur credendo di farlo. E quand’è che l’uomo lo fa? Quando si preoccupa delle proprie cose, è allora che si prende cura di se stesso?” Quindi per Socrate, come abbiamo visto, aver cura della propria anima è il compito principale e più importante per ogni uomo. Questi due requisiti, afferma Socrate sono una condizione imprescindibile anche per chi si appresta a voler intraprendere la carriera politica, affinché possa saper governare saggiamente la Polis e non mandarla in rovina.
Da quest’ultimo pensiero si potrebbe dedurre che la cura di se stessi non si dovrebbe scindere da cura della città e dalla cura degli altri. Socrate è nello stesso tempo fuori dal mondo e dentro di esso. Scriveva Plutarco : “La maggior parte delle persone pensa che la filosofia consista nel discutere dall’alto di una cattedra e nel fare corsi su alcuni testi. Ciò che tuttavia sfugge, a persone del genere, è la filosofia ininterrotta che ogni giorno si vede esercitata in modo perfettamente uguale a se stessa… Socrate è stato il primo a dimostrare che, in ogni tempo e in ogni luogo, in tutto ciò che ci accade e in tutto ciò che facciamo, la vita quotidiana dà la possibilità di filosofare”. Plutarco, Se un anziano debba fare politica, 26.796d.