Bruno Forte a Napoli è chiamato da anni Brunello Forte. Radici salde in una regione di frontiera, anni trascorsi al seminario di Capodimonte, in mezzo ai dilemmi della cristianità del nostro tempo e di una città vivace. Vescovo “importante” di santa romana chiesa, Bruno Forte è un punto di riferimento anche nella considerazione del Papa. Francesco Bergoglio lo ha scelto come teologo di riferimento assieme ad altri per i due sinodi sulla famiglia. Da lì è venuta fuori la controversa esortazione apostolica Amoris laetitia, controversa poiché alcuni dubitano che sia una sostanziale introduzione del divorzio nella pratica cattolica. Oggi Bruno Forte risiede presso la diocesi di Chieti-Vasto, una bella diocesi che guida come nel suo stile, con il valore del suo lavoro teologico così strettamente legato alle dinamiche vaticane. Ma oggi l’attualità anche per Bruno Forte è un’altra ed è nuda e cruda, violenta e persino blasfema se uno come Putin si permette di citare il Vangelo durante il suo discorso nello stadio di Mosca per giustificare la guerra d’invasione all’Ucraina in pieno svolgimento.
di francesco de rosa
Sia chiaro. Mons. Bruno Forte non ha dubbi. Citando il Vangelo Vladimir Putin ha compiuto «un atto sacrilego». Lo ribadisce a Domemico Agasso impegnato a realizzare con lui un’intervista su “La Stampa“, senza mezzi termini. Quella del Presidente russo è stata una «bestemmia»: usare Dio per «giustificare un’aggressione ingiustificabile è pura follia». La durissima condanna al riferimento biblico pronunciato l’altro ieri dal capo del Cremlino («Non c’è amore più grande di dare la propria vita per i propri amici») monsignor Bruno Forte, teologo e arcivescovo di Chieti-Vasto, la sostanzia in tutta la sua nefandezza.
«Putin – si affretta a sottolineare Bruno Forte – non riesce più a trovare argomenti per motivare il disastro che ha provocato. Il suo è stato un atto sacrilego, una strumentalizzazione del Vangelo finalizzata a una auto-giustificazione. Ma mostra tutta la debolezza profonda di Putin che non riesce più a trovare argomenti a sostegno della sua propaganda. Le vittime innocenti che stanno morendo per colpa di questa guerra non possono essere legittimate con parole evangeliche. Il leader della Federazione Russa aggiunge alle gravissime colpe di cui si sta macchiando quella di una autentica bestemmia: nominare Dio per giustificare il male compiuto tocca il vertice dell’immoralità e perfino della follia».
Eppure, se si pensa che Putin vuole porsi a baluardo della fede contro la secolarizzazione e la deriva del nostro tempo che rifiuta Dio o lo interpreta con estrema leggerezza vien quasi confusione. «Sì! – si affretta a dire Bruno Forte – e vengono i brividi a pensarci. È scandalosa questa sua auto-proclamazione. Fa un uso strumentale del sacro a cui si era forse abituati in epoca di violenze barbariche, nel più oscuro Medioevo. Una coscienza serena e libera della fede non potrà mai accettare tutto questo». Eppure gli ha fatto eco e bordone persino il patriarca di Mosca Kirill che, non molti giorni fa ha affermato che «è giusto combattere, bisogna resistere alla lobby gay. Siamo entrati in una lotta che non ha un significato fisico, ma metafisico». Come dire l’uso più mostruoso e distorto della fede e della spiritualità. «Ho provato – dice Bruno Forte – grande dolore. Anche perché io sono impegnato nel dialogo ecumenico, e l’ultimo grande incontro fra Chiesa cattolica e chiese ortodosse – con tutte le autocefalie – è avvenuto nel 2016 proprio nella mia diocesi, e ha prodotto risultati positivi significativi. E oggi sentire che il capo della Chiesa russa si schiera dalla parte dell’aggressore e dà il via libera religioso a un conflitto deprecabile fa male. Credo che Kirill abbia subordinato il Vangelo a un potere politico, e ciò lascia sconcertati, è di una gravità inaudita».
«Stiamo assistendo a quello che pensavamo non potesse avvenire mai più, e cioè che un aggressore con soli scopi di dominio potenza personali invade un popolo libero, democratico. Non solo lo invade ma lo bersaglia di bombe, di colpi che producono migliaia di morti fra cui tantissimi bambini. Qualcosa di inaudito, inaccettabile, che esprime una logica imperialista di un leader che a tutti i costi vuole sottomettere gli altri. In un’Europa che pensava di avere realizzato conquiste democratiche impossibili da perdere. E invece siamo di fronte a questo criminale di guerra che colpisce un popolo inerme e innocente. La riprovazione di Putin è senza mezzi termini: è un despota con una visione meschina e barbara delle relazioni fra i popoli».
Una deriva dentro la quale non mancano insidiose e subdole preoccupazioni. E se Putin dovesse vincere? E se questo modello di prepotenza misto a missione religiosa e blasfema dovesse prevalere? «Una vittoria di Putin – afferma Bruno Forte – significherebbe che siamo tornati al tempo in cui la legge della forza cancella la forza della legge. Sarebbe qualcosa di atroce. Poi c’è il calpestare la dignità umana. Quello che sta avvenendo in Ucraina è un massacro, come lo ha definito il Papa. E va fermato subito. Purtroppo non può essere bloccato se non dagli stessi ucraini, perché qualsiasi altro tipo di intervento dall’esterno significherebbe la guerra mondiale. Tra l’altro una guerra mondiale nella quale Putin, che si sta dimostrando insensibile a ogni logica ed etica umana, potrebbe ricorrere ad armi di distruzione totale: conosciamo la potenza nucleare della Russia. Quindi siamo veramente in un momento delicatissimo della storia».
È a questo punto che entra in gioco il tema delle armi mandate agli ucraini, un tema dibattuto dalla flotta ideologica dei pacifisti radicali (tanto simili ai no vax radicali) tanto vicini agli antiamericani di cui l’Italia pullula e ai filorussi dei quali pure abbiamo una buona schiera italiota. «C’è – sottolinea Bruno Forte – un principio di carattere morale anche cristiano: è evidente che ogni forma di violenza va deprecata, ma è evidente pure che c’è un diritto alla legittima difesa. Chi sostiene che Putin non sarebbe così violento se gli ucraini si fossero arresi nega l’evidenza, e cioè un attacco disumano che ha distrutto ogni valore umano e che se fosse vittorioso continuerebbe estendendo la sete di potere ad altri possibili bottini da raggiungere. Dunque è in atto una difesa – Volodymyr Zelensky lo ripete continuamente – che è si del popolo ucraino, ma è anche degli altri paesi europei, e dell’umanità intera, dalla barbarie di una volontà di potenza a dir poco cieca».
La Chiesa intanto si mobilita in mille modi. A partire dalle parole e dalle inizitive diplomatiche che stanno partendo dalla Santa Sede e dal pontefice stesso. «Sta agendo – aggiunge Bruno Forte – innanzitutto come “le armi della fede”, che sono la preghiera e la fiducia in Dio. Così papa Francesco si sta mostrando un leader spirituale mondiale a cui tutti fanno riferimento. Ha condannato nettamente l’azione di morte della Russia. E poi ha mandato due suoi rappresentanti in Ucraina. Allo stesso tempo sta mostrando quotidianamente il suo intento di favorire il dialogo e di sostenere le ragioni di un incontro tra aggressore e aggredito».
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