Nella provincia operosa della Torino che innova, a Candiolo c’è un Istituto d’eccellenza che dedica il lavoro di gran parte dei suoi medici e ricercatori alla lotta contro il cancro. Un tema immenso e doloroso che miete ogni anno tantissime vittime di ogni età. L’istituto di Candiolo IRCCS è un centro specializzato nel trattamento delle patologie oncologiche, per alcune delle quali si configura come riferimento internazionale, ed è inserito nella Rete Oncologica del Piemonte-Valle d’Aosta. È il primo Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico del Piemonte riconosciuto dal Ministero della Sanità. E per quantità di casi trattati e qualità dei profili clinici, sono riconosciuti all’Istituto livelli di rilievo in diversi ambiti. Si va dalla diagnosi e terapia dei tumori della mammella e dell’ovaio alla diagnosi e terapia dei tumori gastrointestinali ed epatobiliari; dalle malattie oncoematologiche ai sarcomi e dei tumori rari. C’è la diagnosi e terapia dei tumori cutanei e dei tumori cercivo-efalici (ORL).
Un gruppo di specialisti che possono avvalersi di nuove Sale Operatorie, di stanze di isolamento a microclima controllato per pazienti immunodepressi, della disponibilità di protocolli farmacologici innovativi (anche nell’ambito dell’innovativa “target therapy”), di sofisticate apparecchiature nel campo della diagnostica per immagini (Tomografia Assiale Computerizzata, Tomografia PET, Risonanza Magnetica Nucleare, Scintigrafia) e della radioterapia (l’Istituto è fra le poche strutture europee a potersi avvalere di due apparecchiature per la Tomotherapy). In questo contesto lavora Anna Sapino che è direttore scientifico dell’Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro di Candiolo. Una donna concreta e solare che, per citare solo un passo del suo percorso, riceveva, nel 2018, il Premio Vladimir Totovic. Si trattò della prima volta che il prestigioso riconoscimento, assegnato dalla divisione tedesca dell’International Academy off Pathology a un anatomo patologo distintosi per la sua attività scientifica, veniva assegnato ad un italiano. Di fatto, nelle precedenti edizioni il Vladimir Totovic era stato dato a scienziati americani, inglesi e tedeschi. Anna Sapino, in quel caso, fu premiata per i suoi studi nel campo dei tumori alla mammella e il premio le fu consegnato durante il 54° Simposio organizzato dall’ International Academy of Pathology a Bonn. Poi è arrivata la pandemia da Covid ma anche il vaccino che il Covid lo combatte. Certamente uno spiraglio in più nella ricerca verso un vaccino che possa prevenire l’insorgenza di molti tumori. Sul tema Linda Varlese, giovane cronista attenta ai temi d’attualità, ha raccolto per Haffingtonpost tutto l’entusiasmo e l’impegno di Anna Sapino. E lei non ha esitato a tracciare una direzione di marcia. «Oggi – ha esordito – si guarisce da diversi tumori, con cure che funzionano. Speriamo di avere presto un’arma in più». Quell’arma in più oggi si chiama vaccino e nel futuro sarà senza dubbio meglio di una chemioterapia. «La chemioterapia, che è una terapia eccezionale, – ha detto Anna Sapino – non ha un singolo bersaglio specifico: agisce di solito sulle cellule che proliferano, anche su quelle sane. Gli effetti collaterali che ne derivano, per esempio nel midollo osseo, sono dovuti a questo. Ciò non toglie che i tumori si riescano a controllare e molte volte a curare definitivamente, ma è innegabile che la chemio abbia degli effetti tossici».
E la vera novità, che si collega anche alla lotta al Covid, è venuta in questi ultimi due anni dai vaccini a mRna che potranno, non lontano da qui, costituite l’arma contro il cancro che non avevamo prima. Un campo sul quale Anna Sapino tiene a precisare con dovizia. «Innanzitutto, il termine vaccino non è esattamente da intendersi come lo intendiamo per una malattia infettiva come il Covid, dove è profilattico, preventivo. I vaccini intesi contro il cancro, sono terapeutici. Si produce una reazione contro il cancro stesso». «Si studiano – ha aggiunto Anna Sapino – popolazioni di soggetti che già hanno il cancro verso i quali i ricercatori cercano di produrre il vaccino specifico che dovrebbe attivare la risposta immunitaria, in analogia a quello che avviene per i vaccini contro le malattie infettive. In questi ultimi infatti vengono attivate delle cellule che prima secernono gli anticorpi, poi però si deve far in modo che l’efficacia del vaccino duri nel tempo. Questo è dovuto allo sviluppo della cosiddetta memoria immunologica, quindi cellule che anche in futuro saranno capaci di attivarsi ricordando che siamo stati a contatto con uno specifico agente infettivo. Nel cancro l’idea di base è che le cellule producono delle molecole che sono chiamate “antigeni tumorali”, che dovrebbero attivare il nostro sistema immunitario. Tuttavia, questo non succede per vari motivi tra cui la capacità del tumore stesso di nascondersi e di inibire la risposta immunitaria. Quindi con il “vaccino” si dovrebbe stimolare questo processo immunitario contro il cancro». Gli ostacoli, tuttavia, non mancano. E la Sapino mette in rilievo le difficoltà che restano ancora per arrivare al traguardo. «Innanzitutto, c’è il problema di come far perdurare per un tempo sufficiente l’azione di questo mRNA che può essere degradato abbastanza facilmente. Per la cura dei tumori vengono studiate modalità di rilascio di questo mRNA, che permettano di stimolare adeguatamente la risposta immunitaria contro un tumore conclamato». Non mancano altre difficoltà come per esempio la diversità delle patologie cancerogene che colpiscono in diversa maniera diversi organi del corpo umano.
Intanto la notizia che i “padri” del vaccino anticovid Ugur Sahin e Özlem Türeci, coniugi immuno-oncologi cofondatori di BionTech, l’azienda che ha sviluppato per Pfizer il vaccino anti-Covid alcuni giorni da hanno dato notizia di ben 15 tumori che potrebbero essere combattutti a breve da un vaccino ad mRna alimenta molte speranze. «Abbiamo – hanno detto Ugur Sahin e Özlem Türeci – 15 vaccini anticancro in fase di test clinico, il più avanzato è quello contro il melanoma. Prevediamo nei prossimi 5 anni di portarne qualcuno sul mercato e di portare altri nuovi vaccini in fase avanzata di sviluppo clinico».
Di certo, ha affermato Anna Sapino «Un unico vaccino contro il cancro non è di facile e immediata realizzazione. Gli studi più avanzati sono su vaccini che codificano per delle molecole tumorali presenti sui melanomi. Gli studi in corso potrebbero portare ad una terapia vaccinale ancora più personalizzata sul tumore del singolo paziente. Va inoltre considerata la risposta del soggetto al vaccino. In questo caso non mi riferisco all’aggressività del tumore, ma alla reazione dell’ospite, che può rispondere più o meno bene al vaccino. Quindi, non è così facile garantire una uniformità di risposta immunitaria nei pazienti, almeno al momento attuale. Per tutto quanto è stato detto 5 anni; è un tempo ragionevole per la produzione dei vaccini anti-tumorali. I tempi per produrre il vaccino anti-Covid sono stati più brevi perché è contro un unico agente virale e comunque anche gli studi sui vaccini a mRNA contro il cancro, che già erano stati fatti, possono aver dato un contributo allo sviluppo. Sapere quali siano le popolazioni di pazienti che sicuramente ne avranno un beneficio non è facile, ma auspico che gli studi in questa direzione proseguano. L’innovazione dell’immunoterapia dei tumori sta dando risultati strabilianti: penso ad alcuni tumori del polmone che avevano una bassissima chance di cura. L’immunoterapia classica ci permette di attivare il nostro sistema immunitario, in modo che sia in grado di riconoscere il tumore, aggredirlo e determinarne la morte cellulare, in pratica hanno lo stesso obiettivo dei vaccini a mRNA».
In mezzo ad un orizzonte che ha tinte varie, molti osservano che con il vaccino ad mRna si sia fatto un passo avanti deciso anche verso la cura e la prevenzione del cancro. E il pensiero è ben più che un auspicio. «Deve esserci – dice Anna Sapino – una sensibilizzazione dei ricercatori, degli scienziati, degli istituti che lavorano in campo prettamente oncologico a un rapporto di collaborazione con chi ha le competenze di ricerca specifica su questi nuovi vaccini e al tempo stesso una sensibilizzazione dei pazienti nel donare il campione biologico sul quale creare il substrato per la sperimentazione. La grande ricerca di questo tipo deve essere fatta su larga scala per arrivare a una validazione ampia. Occorre conglomerare le forze e le competenze di tutti per avere beneficio per il malato, ma anche la possibilità di affrontare la spesa sanitaria. Vorrei che passasse il messaggio che già oggi si guarisce da alcuni tumori, sulla base di dati concreti validati da 60 anni, si applicano terapie che funzionano e grazie alle quali si guarisce. Per chi ha la malattia che avanza, è nostro dovere poter offrire una buona qualità di vita e se questi vaccini potranno entrare nella clinica sarà un’arma in più contro il cancro. Come detto di cancro si può guarire oppure il cancro può diventare una malattia cronica, l’importante è che sia garantita una buona qualità di vita e la più duratura possibile per i nostri pazienti».