di sabatino coppola | digital coach
La vita della Chiesa è stata stravolta dal coronavirus ma è importante continuare a comunicare, ad essere in contatto, anche per via digitale. La pandemia del coronavirus (Covid-19) ha colpito più nazioni delle guerre mondiali. L’epidemia ha avuto un impatto su ogni aspetto della vita: famiglia, società, affari, governance, istruzione, economia, religione.
Durante l’emergenza, in tutto il mondo, i governi hanno limitato lo spostamento dei cittadini per contenere il contagio, adottando misure di “distanziamento sociale”. Di conseguenza, incontri, conferenze, i raduni, assembramenti, sono stati cancellati, con notevoli conseguenze sulle pratiche religiose. In questa fase unica nella storia, la Chiesa cattolica ha invitando i fedeli a “restare a casa” ed a ricorrere alla tecnologia per mantenere un contatto, una relazione comunitaria e una pratica di culto in un momento di crisi senza precedenti come quello che stiamo vivendo. Questi tempi turbolenti hanno spianato la strada alla “chiesa digitale” o alla “comunità virtuale” in tutte le nazioni, poiché in molti paesi sono in atto misure di quarantena e sono sospese tutte le messe pubbliche e altre liturgie nelle chiese. “Questo è un momento per essere uniti come comunità dei battezzati, ritirarsi in preghiera e porsi in ginocchio per pregare gli uni per gli altri”: con questo spirito le Chiesa hanno consigliato ai fedeli di assistere alle funzioni religiose in diretta “streaming” online o via cavo, su reti televisive locali, stazioni radio, e hanno potenziato tutti i canali digitali, come i social media, per raggiungere e interagire con i fedeli. Ma le parole di Papa Francesco ci mettono in guardia da queste celebrazioni “digitali” affermando che è un atto straordinario e che non deve diventare un abitudine Il Papa: La Chiesa virtuale “non è Chiesa”, celebrare a distanza per uscire dal tunnel non per rimanerci Queste le parole usate dal Papa per metterci in guardia dal rischio di una fede gnostica, senza contatti reali ma vissuta in streaming che finisce per «viralizzare» i sacramenti.
Il sociologo e filosofo Marshall McLuhan (1911-1980) guru e visionario delle dinamiche della comunicazione e delle loro influenze sulla società e sui singoli individui, in un suo famoso libro “The Medium is the Message” sintetizza perfettamente la teoria che i mass media NON sono neutrali, ma la loro stessa struttura produce un influenza sui destinatari del messaggio che va al di là del contenuto specifico che veicolano. Allora mi pongo una domanda: se quello detto dal professore McLhuan è vero, fare una “evangelizzazione digitale” sfruttando i media, e più in specifica i social media, non potrebbe portare ad un incremento, anche tra i più giovani, di un attaccamento alla Chiesa e alla sua dottrina cosi da migliorare la vita personale e anche quella delle famiglie che sempre più viene sconvolta da una comunicazione “tossica” che ricevano dalle varie piattaforme “On Line”?
Questa è una riflessione del tutto personale, frutto della voglia di contribuire nel mio piccolo ad un miglioramento del web sempre più inquinato da informazioni che se non sono di tipo commerciale sono di tipo violente, dannose, false e il più delle volte a carattere delinquenziale. Che Dio ci aiuti a costruire un mondo migliore sia reale che virtuale, dove il virtuale è diventato più reale del reale.